Chissà cosa penseranno le ragazze appena arrivate a Perugia, leggendo qua e la del marasma di polemiche nate intorno al Palasport dove tra un po’ inizieranno ad allenarsi e dove vivranno il loro prossimo campionato. Proviamo a semplificare il tutto, con un minimo di obiettività. Sono due le cose importanti da sapere. La prima è questa. Il Palasport Evangelisti, inaugurato nel 1984, come tutti gli impianti che hanno “una certa età”, necessità di diversi interventi per essere reso ancora più accogliente, funzionale, fruibile, degno per esempio di una disciplina come la pallavolo che ha raggiunto, di nuovo, dopo averli vissuti in passato, livelli di assoluta eccellenza. La seconda, non meno importante della prima, anche se meno “evidente”, è che quella dell’Evangelisti è una storia soprattutto sportiva (per dire, nacque per il basket e persino con quattro gradinate…) e tale deve restare; insomma, chi pensa di poterne cambiare la “destinazione d’uso” e relegare lo sport in un angolo, probabilmente non avrà vita facile… Detto questo, care ragazze, in questo periodo, sentirete tante altre parole intorno al Nostro Tempio, diverse delle quali potrebbero essere inserite nell’ambito delle cosiddette … fesserie. Normale. Normale per chi in fondo, sa poco di sport, meno di sport perugino, zero di Perugia. Ma quello dello sport è un ambito che, volendo, si può usare per farsi un po’ di pubblicità, per costruirsi una credibilità, un’immagine, dei ruoli. A noi, di tutte queste cose, non ce ne importa un bel nulla. Chi scrive queste righe però, ha un paio di difetti strutturali: è perugino, ama la sua città, i suoi monumenti, le sue tradizioni, la sua storia, i suoi campioni del presente (come ha amato quelli del passato) e, altro difetto, l’Evangelisti, lo frequenta da quando i primi a calcarne il parquet furono i giocatori dell’Italcable Basket, appunto, nel lontano 1984.
Ma, il punto, è un altro. Non sappiamo dove avete incontrato per la prima volta nella vostra vita la pallavolo. Se nella palestra della scuola, in quella del quartiere o nel cortile di casa vostra, palleggiando con i vostri genitori. Mia figlia, per esempio, ha avuto la fortuna di muovere i primi passi “veri” sottorete, grazie ai corsi di minivolley della Wealth Planet Perugia, proprio all’Evangelisti, seguita dalle ragazze della prima squadra che si sono dedicate al ruolo di istruttrici. Una privilegiata. Che a volte ha avuto la fortuna di giocare anche “sul campo grande” ! Un’emozione speciale che forse ricorderà per sempre… Bellissimo.
Ma, dicevamo, chissà dove è iniziata la vostra storia d’amore col pallone che vola da una parte all’altra, sopra una rete. Noi vecchi, abbiamo incontrato questa disciplina in un C.V.A. come quello di Castel del Piano, alla periferia di Perugia. Fabio, Antonio e tanti altri ragazzi e ragazze del loro quartiere, nel C.V.A. di San Sisto. Tre minuti di macchina per spostarsi da un C.V.A. all’altro. E quando le nostre squadre si affrontavano, usare la parola derby, il derby della Pievaiola, era il minimo che potessimo fare…
C.V.A. significa Centro di Vita Associata. La formula perfetta per queste costruzioni, quasi tutte uguali, nate in tanti quartieri perugini negli anni settanta. L’esempio classico di struttura polivalente. Perché in un paese, al C.V.A., ci si fa di tutto. Il C.V.A. è la palestra della scuola, la sede ideale per qualsiasi tipo di assemblea o riunione, è il posto perfetto per mostre e feste di carnevale; lì si fanno corsi di ballo e di ginnastica per adulti. A noi studenti delle medie, ci portarono al C.V.A. la mattina in cui fu rapito Aldo Moro, per parlare insieme di qualcosa di grave che era appena accaduto. Al C.V.A. si ballava (chi ne aveva il “coraggio”…) mettendo sul piatto le canzoni del film Grease. E lì, naturalmente, negli orari concordati con il Comune, si allenavano le nostre squadre. Lì è nata la nostra pallavolo. E’ una vita che non entriamo più al C.V.A di Castel del Piano. Quello di San Sisto, quello di Fabio, di Antonio e di Andrea Joel Sarnari, non esiste nemmeno più. Ha lasciato spazio a nuove costruzioni e il volley ora si gioca nel nuovo palazzetto. Ma se ci chiedete cosa ricordiamo dei “nostri” C.V.A., rischiate di sentirvi dare da tutti la stessa risposta: tutto. Ci ricordiamo il pavimento rosso, i “cassoni” dell’impianto di riscaldamento (e di quella volta che ci salimmo per farne un’improbabile postazione da telecronaca), gli spogliatoi, le spalliere di legno appese al muro per gli esercizi, i vetri rotti, la polvere… A San Sisto, invece, c’era la balaustra dietro le panchine da cui potevi vedere la partita e lì, in fondo al campo, c’era anche lo spazio del palcoscenico per gli spettacoli teatrali e le recite della scuola. Questo e molto altro sono stati i nostri cari, vecchi, polverosi C.V.A.; luoghi della memoria, luoghi che non si cancellano, nemmeno con le potenti pale di una ruspa.
L’Evangelisti come il C.V.A., come tutti gli impianti dove hanno giocato e giocano le nostre squadre meritano rispetto. Parola poco usata, spesso dimenticata. Perché raccontano un po’ della storia della nostra vita. Perché, come abbiamo già scritto, le nostre squadre, i nostri giocatori, i nostri allenatori, i dirigenti che hanno lavorato lì dentro, fanno parte di quella rete di fili invisibili che raccontano la storia delle persone e quindi di tutti noi. Dei campioni e delle comparse, dei geni dell’imprenditoria e dei factotum, di certi palleggiatori diventati grandi allenatori e di altri giocatori che, tolte le ginocchiere, dietro la scrivania hanno dimostrato e dimostrano lo stesso innato talento di quando giocavano (se vi riconoscete in queste frasi, si, sono scritte proprio per voi…).
Siamo fermamente convinti del fatto che, la storia delle persone, meriti rispetto. Ricordiamo tutto dei nostri C.V.A., o almeno molto. Perché lì dentro, hanno lavorato persone come Mauro, che del C.V.A. era il custode. Era un amico. Un ragazzo come noi. Con il mazzo di carte sempre pronto, per “riempire” certi spazi vuoti. A carte si vinceva e si perdeva. Poi però arrivò la partita più difficile. Quella contro la leucemia. E Mauro quella partita lì, non riuscì a vincerla. Per cui, vedete, se qualcuno butta fango su quel vecchio, polveroso, angusto, magari “sporco” C.V.A., beh, saremo fatti male noi, ma, credeteci, ci dispiace molto… Perché la sentiamo come una mancanza di rispetto per tutti noi, per tutte le persone che lì dentro hanno lavorato con passione provando a dare il meglio di se. Tutti eravamo coscienti di non essere al PalaDozza o al PalaLottomatica. Era solo un C.V.A. Ma noi, con la nostra energia, col nostro cuore, col nostro tempo, abbiamo dato un senso a quel vecchio, polveroso, angusto, magari “sporco” C.V.A.: perché era Il Nostro.
Quindi care ragazze, vecchie e nuove, ci perdonerete se abbiamo divagato, se vi abbiamo portato lontano con i nostri discorsi. Ma, a volte bisogna fare certi viaggi, per capire chi siamo, dove andiamo e da dove ripartiamo. Qual è la nostra casa e forse il nostro destino. Per noi, l’Evangelisti, pur con tutti i suoi innumerevoli difetti, resta la Nostra Casa. Non per le sue volte arcuate che pure ci sembrano ancora bellissime, non per i suoi gradoni di legno o per gli oggetti che in qualche caso sono ancora gli stessi di quando fu inaugurato. L’Evangelisti è nostro perché è stato ed è soprattutto vostro: dei nostri campioni e di tutti quelli che ci hanno lavorato e lavorano per rendere un po’ più bella la nostra vita. E’ stato di Guglielmo Dordei e Giuseppe Barraco, (Italcable Basket), di Irina Kirillova e Tai Aguero (Sirio Perugia), di Seba Swiderski e Jack Sintini (Rpa Perugia), di Giacomo Chiatti e Simone Bonamente (Liomatic Perugia Basket), dell’olimpionico Alex Ranghieri e di Goran Vujevic (Sir Safety). E’ stato di Cristina Cruciani e di Silvia Tosti… Sarà ancora di Corinna, Roberta, Jessica, Valentina, Michela, Giorgia, Carolina e di chissà chi altro ancora…
Potranno demolirlo e farne, come in “Nuovo Cinema Paradiso”, qualcos’altro rispetto a quello che è oppure è sempre stato. Ma resterà sempre un luogo della nostra vita. Uno dei più importanti. Quello delle grandi emozioni: della braccia alzate, dei trofei, delle finali, come delle sconfitte più inattese e cocenti. I luoghi delle emozioni, non muoiono mai. Puoi andare lontano, ma in qualche modo resterai sempre legato a quell’ambiente, alle persone che lì hanno scritto qualcosa di importante insieme a te. E, comunque, credeteci, il “Nuovo Cinema Evangelisti” ha ancora molto da dire… Forse le emozioni più forti e più belle, sono quelle che deve ancora regalarci…. Il vecchio, polveroso, angusto Evangelisti, è ancora lì, per Voi e per farci sognare ancora… Forse, come non mai.