A loro, dobbiamo ancora prendergli le misure. Loro sono la Gramsci Pool Volley Reggio Emilia, neopromossa in B1 e nostro avversario per la quinta di campionato, la terza tra le mura amiche del Palasport Evangelisti. Il primo set, è come se non fosse ancora iniziato. 8-7 non dice ancora niente della partita che sarà. Sull’8-7, la partita è ancora tutta da interpretare, vivere, capire. Quello che non capisci, sull’8-7, è perché capiti quella roba lì. Perché tu, improvvisamente, gigante dagli occhi azzurri che presidia il centro della rete, debba interpretare l’inatteso e inadatto ruolo del “colosso di argilla”. Durante un movimento come tanti, un salto come tanti, una traslocazione come mille altre. E soprattutto perché capiti, di nuovo, proprio a te. Non credo sia difficile credere che, pensieri come questo, del “perché proprio a lei, di nuovo a lei” siano frullati nella mente di molte delle persone che, sabato sera, assistevano al match tra la Tuum e Reggio Emilia. Possono essere frullati, magari anche solo per un attimo, anche nella testa di Martina. Che su quel maledetto 8-7, è stata costretta a lasciare il campo a causa di un infortunio.
Proviamo a sdrammatizzare ? Impossibile. Però, l’infortunio, il nuovo infortunio di Martina, nuovo perché quel ginocchio fino a sabato scorso aveva sempre fatto il suo dovere senza… battere ciglio, ci ha fatto pensare a certi piloti e a certi aerei da combattimento della seconda guerra mondiale. Ai piloti soprattutto. A quelli americani ed inglesi in particolare, che usavano dipingere un simbolo, spesso una bandiera, sulla fusoliera del proprio aereo: un ricordo per ogni aereo nemico abbattuto. Si vede che mancava questa “bandiera”, questo segno nella fusoliera di Martina. Doveva aggiungere un nuovo “nemico” al suo personalissimo pro memoria delle “situazioni fisiche” che decidono di mettersi di traverso, rispetto ai sogni sportivi di questa talentuosissima ragazza marscianese, che ci ha messo un attimo ad entrare nel cuore della Tuum e di tutti quanti seguono con passione le vicende del progetto sportivo perugino. Martina che, lo ricordiamo, ha una storia ricca di grandi risultati ma anche di qualche problema fisico, che lei ha sempre saputo superare, con infinita tenacia e invidiabile forza di volontà.
L’abbiamo incrociata, Martina, alla vigilia della “partita” con colui (l’ortopedico) che dovrà indicargli la strada per tornare prima possibile a svolgere l’attività che più ama. E abbiamo percepito, di persona, quanto era già stato possibile capire dai post, dai messaggi, dai racconti di chi la conosce bene. Martina non si è abbattuta, Martina non è un “aereo abbattuto”, Martina è il pilota di una macchina “complicata”, del suo personalissimo “aereo da guerra” al quale, non per sua volontà, deve aggiungere un nuovo marchio sulla fusoliera: quello che dice una sorta di “questo mi mancava”. Per lei, l’infortunio è una notizia, un evento, una tappa. Che non cambia di una virgola sogni e progetti, che non rallenta di un secondo la volontà ferrea di tornare in campo appena possibile, di riprendere a giocare, a volare sopra la rete.
Forse questo spirito di Martina, lo hanno percepito anche le altre ragazze, le sue stesse compagne di squadra. Lo hanno capito e sentito subito. L’8-7 del primo set era semplicemente una tappa, una notizia. Un momento di passaggio. Non è cambiato il progetto, l’idea, la volontà di compattarsi e di andare avanti verso l’obiettivo della vittoria. Con Eleonora in campo – lei che vorrebbe ricevere e invece spesso è chiamata semplicemente ed esclusivamente ad attaccare – che questa volta è entrata in un posto lontanissimo dal suo, al centro. E’ cambiato lo schema, il modo di interpretare la sfida, non è cambiata la volontà di abbattere l’ostacolo di turno. Non si è abbattuta Martina, non si è abbattuta la squadra. Eppure quante ne abbiamo viste, di squadre fragili, soprattutto nel carattere, spegnersi alla prima difficoltà, al primo “fuori programma” rispetto al copione prestabilito. Lo sport è anche questo. Recitare fuori dagli schemi, trovare soluzioni alternative, in corsa, e interpretarle in maniera vincente.
Perché lo sport, lo sappiamo, ti chiama spesso ad affrontare qualche tipo di possibile “baratro”. Ed è proprio in quel momento che tu devi dimostrare di che pasta sei fatto. Anche in un banalissimo 8-7 di un primo set, puoi scoprire una sorta di baratro. Ed è proprio in quei momenti che, le ragazze come Martina, le giocatrici vere come le sue compagne di squadra, capiscono la cosa più importante.
“Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante” miagolò Zorba. ”Ah sì ? E che cosa ha capito?” chiese l’umano. ”Che VOLA SOLO CHI OSA FARLO” miagolò Zorba.
Noi, tutti insieme, vogliamo continuare ad osare, per volare.
A presto Martina. E… tu che lo sai bene, per favore, spiegalo anche alla Mea, che magari, ogni tanto, in certi momenti “un po’ così”, potrebbe dimenticarselo: VOLA SOLO CHI OSA FARLO.