Ci sforziamo in tutti modi di farlo capire ai nostri figli. Ma mica è così facile. Non lo è per niente, fargli capire che, solo leggendo, impareranno a scrivere, ad esprimersi, a comunicare, a far sentire agli altri, soprattutto, i loro sentimenti. Leggere. Ogni cosa, e soprattutto libri. Ci sono libri che ti ritrovi a leggere quasi per caso. Perché un amico, perché l’autore, perché forse, perché un titolo… Per esempio, mi piacciono le riflessioni di Massimo Gramellini. E mi è piaciuto un sacco quel titolo: “L’ultima riga delle favole”. E’ proprio bello, un titolo così. Il libro ho iniziato a leggerlo. Per ora non “mi prende” granché, ma gli diamo fiducia. Quel titolo però, appena l’ho letto, ho capito che sarebbe finito da qualche parte. E perché non qui, adesso. Ora che, insieme a quel carissimo rompiscatole di Fabio, ci siamo inventati questa cosa.
Credo che, tutti, abbiamo bisogno di favole. Forse mai come in questo momento storico. E lo sport è il terreno ideale sui cui seminare gocce di sudore e passione per raccoglierne i frutti e per scrivere ognuno la propria favola. Quante ne abbiamo lette, ascoltate, viste, di favole sportive.
Non lo è stata, la più incredibile delle favole, quella della pallavolo femminile perugina ? Quella di un gioco nato in parrocchia, la parrocchia di Padre Aldo, quel luogo di culto dietro la stazione di Fontivegge, sul cui piazzale di terra battuta, in certe pazze notti della nostra prima serie A (era la fine degli anni ottanta) aspettavamo le ragazze di ritorno dalla trasferta… Era un gioco, una favola appunto, che sarebbe diventata sempre più grande, ai limiti dell’incredibile… Nessuno di noi avrebbe immaginato, un giorno, di vincere la Champions League… E invece accadde, in un pomeriggio sulla Promenade de la Croisette, a Cannes. E poi un’altra volta ancora, in Spagna, a Murcia. Chi l’avrebbe ma immaginata una favola del genere ? Forse nemmeno Carlo e Alfonso, che fecero fare il grande salto a quel progetto parrocchiale. Di uno come Carlo Iacone, cresciuto alla scuola del più grande dirigente sportivo che Perugia abbia mai avuto, ovvero Franco D’Attoma, Presidente del Perugia dei Miracoli calcistici, dovevano avere bisogno “dall’altra parte”, forse per guidare chissà quale squadra. Ma Perugia non dimentica. Men che meno questo sodalizio, che non a caso appena sbarcato all’Evangelisti, chiamò il suo primo torneo ufficiale “Memorial Carlo Iacone”. Alfonso Orabona, di tanto in tanto, fa capolino all’Evangelisti e crediamo che, per lui, essere lì ad ascoltare la musica del volley femminile, dev’essere un po’ croce e un po’ delizia… Sono certo che se Alfonso potesse, se avesse una bacchetta magica, la userebbe per riavvolgere il nastro del tempo e ripartire da lì, dove ha lasciato suo mal grado, alla fine della stagione 2010-2011. Sì, penso che, in cuor suo, vorrebbe scriverla lui, l’ultima riga di quella favola.
Ma in realtà… Padre Aldo Falini, Carlo, Alfonso e tutti quelli che nei ventiquattro anni di serie A della pallavolo femminile perugina hanno lavorato con passione a quel progetto, hanno seminato qualcosa di speciale, di più grande delle loro stesse vittorie: hanno piantato un seme, hanno fatto amare una disciplina, rendendola immortale. Credo che tante piccole società che negli anni sono nate nell’hinterland perugino e non solo, abbiano preso ispirazione dalla Sirio. Da loro: che hanno scritto la storia, accarezzato la leggenda e… lasciato aperto un solco, sottile. Sottile come una ferita…
Abbiamo bisogno di favole, di credere ancora nelle favole, di scrivere ognuno la sua favola. Ma questo non ce l’hanno mai insegnato. Ci spediscono su questo pianeta, ci imbottiscono di regole e nozioni, ci danno diverse forme di educazione, ma nessuno ci insegna a vivere con sentimento: nessuno ci ha mai detto che siamo qui per provare, nel miglior modo possibile, a raccontare ognuno la propria favola. Che può essere una favola studiare, fare un lavoro con passione, diventare genitore, essere un buon compagno di viaggio, essere un buon chirurgo o un bravo ciabattino; un bravo allenatore, un buon dirigente sportivo, un’atleta che si impegna al massimo. Non ci educano a fare della nostra vita una favola. Pensate se lo insegnassero, se lo avessero insegnato a chi si fa esplodere in un aeroporto, a chi uccide una donna per un “no”, a chi ammazza per cento euro o fa una strage per un pezzo di terra.
Abbiamo bisogno di scriverle e di leggerle, di leggerne ancora, di favole. Se pensiamo che sia troppo complicato farlo nella “vita reale” a causa di mille complicazioni, beh, proviamo a farlo con lo sport, magari con la nostra amata pallavolo.
E allora, tornando qualche riga più in alto, ci piace pensare, che quel solco sottile come una ferita, sia come una favola di cui dobbiamo scrivere ancora l’ultima riga o chissà quante altre.
Il 12 maggio 2011, la Despar Perugia venne sconfitta per 3 a 1 dalla Norda Foppapedretti Bergamo in gara due dei quarti di finale dei play off scudetto. Quello schierato dal serbo Zoran Terzic, con Callegaro in palleggio e Rinieri opposta, le centrali Manu Leggeri e Lucia Paraja, le bande Anna Maria Quaranta e Veronica Angeloni ed il “cuore biancorosso” Chiara Arcangeli nel ruolo di libero, fu l’ultimo sestetto di una lunga storia.
Il 30 settembre 2012, la Wealth Planet Perugia, fa il suo esordio al PalaEvangelisti nel 1° Memorial “Carlo Iacone”, un triangolare cui partecipano oltre alle padrone di casa sponsorizzate Gecom, la Robursport Pesaro e la Chateaux d’Ax Urbino. Fabio Bovari gioca con Lucia Marcacci in regia e la ventenne Jessica Puchaczewski opposta; al centro c’è Cristina Cruciani con Debora Corbucci, le schiacciatrici sono “il fenomeno” Silvia Tosti e la cuneese Martina Delfino. Il libero è Luisa Rocchi, che da bambina raccoglieva i palloni alle stelle della Sirio e quel giorno, e poi per tanti altri ancora, vestirà i panni che furono proprio di Chiara Arcangeli. Poco più di un anno dopo quel 12 maggio 2011, quel solco, sottile come una ferita, non sembra più impossibile da richiudere. Non è ancora chiuso. Ma, un passo alla volta, con le proprie forze, la propria credibilità, con impegno, con cautela e ambizione, Massimo, Antonio, Fabio, il loro team, ha continuato a fare la sua parte.
A noi piace credere che abbiano lavorato e lo stiano facendo ancora… per quello. Forse, inconsciamente o forse no. Ma saranno loro, proprio loro, a cicatrizzare quel solco, sottile come una ferita. Insieme a chi avrà ancora voglia di credere nelle favole. Con Fabio, con le ragazze che hanno detto ancora sì a questo ambiente e con quelle che l’hanno fatto per la prima volta. Non sappiamo cosa le ha spinte fin qui, quali sogni, ambizioni, speranze… Intanto, credo sia giusto che sappiano, che sono arrivate in un posto che consideriamo molto speciale, forse, soprattutto perchè c’è gente seria. Che, tanto per dire: promette e mantiene. Sempre. Forse, non è poco.
Ma c’è di più. Se siete qui, se siamo qui, tutti insieme, forse non è un caso. Se siamo qui, proprio qui, forse abbiamo qualcosa di importante da fare. Vi affidiamo carta e penna e qualche foglio bianco… Adesso spetta a voi, a noi, scrivere. Se volete, le prossime righe, sono una favola ancora tutta da scrivere. L’ultima riga di questa favola, se ci credete, potete scriverla proprio voi…